Licenziamento per giustificato motivo oggettivo: violare l’obbligo di repêchage può comportare la reintegra del lavoratore
Per quanto concerne i lavoratori ai quali si applica la disciplina in tema di licenziamenti prevista dall’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori (ossia, lavoratori assunti prima del 7 marzo 2015), la violazione dell’obbligo di repêchage può mettere a rischio la legittimità del recesso per ragioni economiche e determinare la reintegrazione del lavoratore.
Posto che nella nozione di licenziamento per giustificato motivo oggettivo rientra sia l’esigenza della soppressione del posto di lavoro sia l’impossibilità di ricollocare in altre mansioni il lavoratore, il riferimento legislativo alla “manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento” va inteso con riferimento a entrambi i presupposti di legittimità della fattispecie.
Pertanto, il giudice può condannare il datore di lavoro alla reintegrazione del lavoratore ex art. 18, comma 4, Statuto dei Lavoratori, anche qualora venga dimostrata l’effettività della soppressione del posto di lavoro ma venga accertata l’esistenza di altre posizioni lavorative ove poter utilizzare il dipendente, risultando così integrata la facilmente verificabile assenza di uno dei presupposti giustificativi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo (vedi anche Cass. n. 10435/2018).
Il nuovo orientamento della Suprema Corte aumenta sensibilmente la soglia di rischio per il datore di lavoro che, prima di procedere con un licenziamento per g.m.o., deve attentamente valutare le possibili conseguenze del proprio operato, verificando con particolare scrupolo ed attenzione se vi siano altre posizioni di lavoro da offrire al dipendente che si intende licenziare.