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Anche la start-up innovativa può essere soggetta a fallimento

Data: 8 July 2022
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Nel novero delle molteplici norme e misure di favore previste per le start-up innovative dal nostro ordinamento, la non assoggettabilità di quest’ultime al fallimento sancita dall’articolo 31 del Decreto Legge 18 ottobre 2012, n. 179 rischia di non essere più una prerogativa certa.

Secondo la Suprema Corte, infatti, l'iscrizione di una società quale “start-up innovativa” all’interno della sezione speciale del Registro delle Imprese, basata sull'autocertificazione del legale rappresentante circa il possesso dei requisiti formali e sostanziali, non preclude la verifica da parte del giudice dei requisiti medesimi in sede prefallimentare.

La suddetta iscrizione costituisce infatti presupposto necessario ma non sufficiente per la non assoggettabilità a fallimento, essendo necessario anche l'effettivo e concreto possesso dei requisiti di legge per l'attribuzione della qualifica di “start-up innovativa".

Il sopraesposto principio di diritto è stato formulato dalla Corte di Cassazione con la recentissima sentenza n. 21152 del 4 luglio 2022, in accoglimento del ricorso presentato avverso la sentenza con la quale la Corte d’Appello di Trieste aveva, al contrario, statuito che l’iscrizione automatica di una start-up innovativa all’interno della sezione speciale del Registro delle Imprese, sulla base dell’autocertificazione del legale rappresentante attestate il possesso dei requisiti prescritti dall’articolo 25 del DL citato è assistita da una presunzione di veridicità - in quanto resa sotto la responsabilità penale del rappresentante stesso - che ne preclude pertanto qualunque verifica da parte del giudice.

In sostanza, dunque, all’attestazione formale e al controllo documentale da parte della Camera di Commercio sugli atti presentati a corredo della domanda di iscrizione alla sezione speciale sarà comunque affiancato un sindacato di merito da parte dell’autorità giudiziaria eventualmente competente a conoscere della domanda di fallimento.

A sostegno del principio esposto la Suprema Corte ha ulteriormente argomentato che i controlli cui sono tenute le pubbliche amministrazioni, anche a campione (nei casi in cui sorgano fondati dubbi sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive, ai sensi del DPR n. 445 del 2000, art. 71, comma 1) confermano proprio l’inesistenza della “presunzione di veridicità” postulata nella sentenza del giudice di secondo grado sottoposta all’attenzione degli ermellini.

A cura degli Avv.ti Arturo Meglio, Francesco Seri e Luca Nardello di K&L Gates Studio Legale Associato.

Riproduzione riservata

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